Ri-scoprire la malattia sotto una forma diversa e costruttiva

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Ri-scoprire la malattia sotto una forma diversa e costruttiva

Le testimonianze delle nostre Asteroidi

Tratto da noiALOMAR n.8 - marzo 2020

#NoiGiovaniAsteroidi

Chiara Forchetti 27 anni, sono varesina e milanese d’adozione. Mi occupo di comunicazione digitale, scrivo sui social, scatto foto e amo l’arte.

Siamo soliti leggere articoli sulle patologie reumatiche che, pur approfondendo il lato farmacologico della malattia, non si soffermano mai sulla persona. O meglio, analizzano l’individuo in quanto malato, che necessita cure, descrivendo uno stile di vita triste e rassegnato senza oltrepassare mai l’orizzonte lontano di quelle che sono oggi le “credenze”.

In realtà esiste un altro lato della malattia, differente, una faccia della medaglia poco conosciuta dai media, ma che rappresenta una realtà nuova e concreta, una chiave che apre le porte a un mondo con diverse sfaccettature.

Esiste una realtà che non è fatta solo di medicine e cure, analisi e controlli, posture e fisioterapia. Esiste una realtà di “giovani adulti” che sono riusciti ri-scoprire la malattia sotto una forma diversa e costruttiva.

Ho conosciuto giovani che hanno preso atto della malattia, hanno messo in discussione la propria vita, la propria esistenza, e hanno reagito: hanno studiato ottenendo risultati eccellenti, si sono messi in gioco, sono entrati brillantemente nel mondo del lavoro.

Hanno costruito con mattoni solidi sopra un terreno sofferente che a tratti sembrava distrutto.

Hanno deciso consapevolmente, nonostante la vita abbia teso loro delle trappole, di considerarsi allo stesso livello di tutti gli altri, di comprendere i propri limiti, di affrontare positivamente le giornate con le loro difficoltà e, soprattutto, di non fare delle rinunce.

La malattia è un vissuto molto personale, stravolge la vita e ferma il tempo, rompendo tutto ciò che trova intorno a sé.

Non deve arrestare il flusso delle cose per sempre, ma deve offrire un’occasione per riflettere e fornire un quid in più che permetta di apprezzare maggiormente tutto ciò che c’è di importante dandone il giusto valore.

Con il gruppo Asteroidi – pianeta giovani di ALOMAR si può scoprire un universo nuovo, di incontri e di confronti, fatto da progetti a lungo termine e obiettivi da raggiungere insieme.

Un luogo che ha permesso ai giovani di incontrarsi e conoscersi, condividendo non solo una patologia autoimmune, ma tanti interessi e affinità. Perché nessun asteroide possa mai essere lasciato da solo.

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Dall'altra parte

Giorgia Locatelli 24 anni, infermiera. Vivo a Bergamo e mi dedico attivamente alla promozione del Gruppo Asteroidi Bergamo, il pianeta giovani di ALOMAR

Ansia, paure, dubbi, speranze, dolori di varia natura, attese che sembrano infinite. Questo è quello che, vivendo con l’artrite reumatoide, ho passato in questi anni ed è quello che stanno passando le persone che incontro nel mio lavoro. Perché oltre ad avere una patologia reumatica e passare tempo abitualmente in ospedale per varie visite e controlli, ho deciso di fare dell’ospedale anche la mia seconda casa, il mio lavoro. Ho deciso di essere un’infermiera.

Il mondo della medicina mi ha sempre affascinato e quando alle superiori abbiamo dovuto iniziare a scegliere la nostra strada, io mi sono avviata subito verso quella direzione. Avevo in mente tutti i medici grazie ai quali ora posso dire di stare bene. Ma poi uno stage fatto in 4a superiore mi ha fatto valutare un’altra figura professionale: l’infermiere, una figura così sottovalutata, ma così fondamentale per l’assistenza di ogni paziente. L’infermiere c’è sempre 24/24 h 7 giorni su 7, è colui che si prende cura del paziente a 360°.

Durante l’università i dubbi sulla scelta del percorso intrapreso erano più delle certezze. Ovviamente avere una malattia cronica non faceva che peggiorare la situazione. Sarò in grado di fare questo lavoro? Di reggere i ritmi frenetici della vita da infermiera? Di sopportare il carico di lavoro fisico richiesto? Di stare 8-10 h in piedi, correndo da una parte all’altra del reparto? E gli altri infermieri cosa penseranno ad avere una collega con dei problemi di salute cronici che portano anche delle limitazioni su ciò che può fare? Riusciranno ad andar oltre?

Ho incontrato professori che solo a sentir nominare l’artrite, senza conoscere la mia storia medica, mi hanno detto che non fosse il lavoro giusto per me, che avrei dovuto fare altro. Ovviamente per la testardaggine e la forza d’animo che caratterizza molte persone con patologie croniche non ho dato molto peso a questi commenti e sono andata avanti come un treno su questa strada. Ho conosciuto, però, anche molte persone che invece mi sono state accanto, hanno creduto in me e mi hanno sostenuto nonostante tutto.

All’università molte nozioni o insegnamenti mi sono risultati più facili da studiare rispetto ai miei compagni, poiché molte conoscenze le avevo già acquisite per necessità durante gli anni da paziente. Oltre alle nozioni, però, io sapevo anche come ci si sentiva ad essere una paziente, a stare dall’altra parte.

Entrare in empatia con delle persone che stanno vivendo un’esperienza brutta e spaventosa come una malattia non è facile e molti miei compagni di università e colleghi di lavoro hanno difficoltà a farlo. La mia esperienza da paziente mi aiuta molto ad entrare in empatia con quelli che ora sono dall’altra parte, che stanno passando quei momenti della vita, di attesa, dubbio e paura che noi malati reumatici conosciamo bene.

 


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