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L'importanza di un approccio multidisciplinare alle malattie reumatologiche

Tratto da noiALOMAR di ottobre 2022

Articolo del Prof. Carlo Selmi - Reumatologia e Immunologia Clinica IRCCS Humanitas e Humanitas University

 

Nelle malattie autoimmuni di interesse reumatologico i sintomi e le manifestazioni cliniche più frequenti riguardano il sistema articolare e muscolotendineo: il dolore, l’infiammazione, l’impaccio funzionale, la disabilità sono comuni in chi soffre di queste malattie.

Sebbene questi siano i sintomi più frequenti, altri distretti corporei come la cute, l’apparato vascolare, il sistema cardiocircolatorio e polmonare, l’apparato genito-urinario o il sistema nervoso possono essere interessati dal processo autoimmune con un corteo sintomatologico più ampio e a volte di difficile interpretazione.

Per citare qualche esempio, basti pensare alla frequente associazione delle spondiloartriti con le malattie infiammatorie intestinali o al danno del polmone come complicanza dell’artrite reumatoide: è ovvio che queste due differenti manifestazioni di malattia devono in primo luogo essere riconosciute per poi essere valutate con un approccio specialistico mirato da parte di esperti del settore.

Le malattie cardiovascolari o metaboliche (es. diabete mellito, ipercolesterolemia) hanno una stretta correlazione con le malattie reumatologiche: le prime possono essere espressione dell’attività infiammatoria cronica, mentre le seconde possono favorire la risposta autoimmune o peggiorare l’effetto dei farmaci. Nell’artrite psoriasica, ad esempio, si è visto che l’obesità è un fattore di rischio per lo sviluppo della psoriasi in quanto responsabile di uno stato infiammatorio cronico che stimola la proliferazione delle cellule cutanee.

Allo stesso modo nei pazienti con psoriasi cutanea obesi o sovrappeso c’è un rischio maggiore di sviluppare malattia articolare proprio in virtù della più elevata componente infiammatoria presente. In queste stesse condizioni le probabilità di successo delle terapie sono nettamente inferiori rispetto ai pazienti normopeso. Indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio, nell’artrite psoriasica sono più frequenti gli eventi cardiovascolari maggiori: lo stato infiammatorio cronico dovuto alla malattia, infatti, stimola la formazione della placca aterosclerotica in maniera analoga a quanto accade nella popolazione generale in presenza di fattori di rischio.

È ormai noto come la mortalità per evento cardiovascolare maggiore è più elevata nei pazienti reumatologici che nella popolazione generale, al punto che oggi malattie come il LES, l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica sono considerate fattori di rischio indipendenti per infarto del miocardio o ictus cerebrale. 

Per questo motivo controllare l’infiammazione della malattia e ridurre i fattori di rischio classici per malattie di cuore deve essere centrale nella gestione dei pazienti reumatologici.

Diventa chiaro, inoltre, come dietro il concetto di malattia reumatologica esista un’entità più ampia che va oltre quello che è l’interessamento articolare o muscolotendineo e che intende la malattia come una patologia “sistemica”, che può coinvolgere tutto l’organismo.

Per una corretta ed attenta gestione di tutte le manifestazioni cliniche di malattia diventa pertanto necessario utilizzare un approccio diagnostico e terapeutico multidisciplinare in cui il reumatologo si pone come figura cardine e centrale che coordina e coopera con gli altri specialisti. Allo stesso modo risulta fondamentale inserire in questo contesto la valutazione del rischio cardiovascolare nell’ottica di una prevenzione primaria o secondaria efficaci: indispensabile, quindi, il controllo dei fattori di rischio tramite una valutazione periodica dello stato glicemico, dell’assetto lipidico (colesterolo e trigliceridi), del peso corporeo e del controllo della pressione arteriosa, oltre all’astensione dal fumo.

(Articolo scritto con la preziosa collaborazione della Dr.ssa Elisa Barone)

 

 


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