SCRIVERE E' TERAPEUTICO?
La scrittura ha molti vantaggi che vanno ben oltre il semplice arricchimento del nostro vocabolario: l'umore, i livelli di stress e i sintomi depressivi sono solo alcuni degli aspetti a risentirne positivamente. E' stato dimostrato in uno studio del 2005: scrivendo su eventi traumatici, stressanti o emotivi i partecipanti avevano passato meno tempo in ospedale, avevano avuto una pressione sanguigna più bassa e funzionalità epatica migliore. Come mai? L'atto della scrittura espressiva permette alle persone di fare un passo indietro e di valutare la propria vita: invece di ossessionarsi morbosamente sull'evento negativo, ci si concentra per superarlo.
Ci provo anch'io: ora scriverò un breve racconto.
E man mano che i mesi, gli anni e i decenni passavano, capiva, provandolo sulla propria pelle, il significato della vita, della pazienza e della perseveranza, senza le quali non sarebbe arrivata fin qua. Ripensava al passato, a vent'anni prima: tutto ciò che le era capitato in quel lontano periodo, il modo in cui la sua vita era stata completamente e improvvisamente stravolta, le sembravano fatti accaduti in sogno. Si sorprendeva a pensare che, se le fosse successo di nuovo, non sarebbe stata capace di sopportarlo, no, non avrebbe avuto forza perchè l'aveva già utilizzata tutta e non ne aveva più. Le reazioni della gente che la circondava erano state le più diverse. Qualcuno aveva fatto fatica a guardarla negli occhi 'dopo', altri invece avevano avuto la forza - o il coraggio? - di mettere i loro occhi nei suoi e lei si era sentita accolta.
Tra queste persone c'era un bambino di sette anni con gli occhi marroni e le ciglia folte, che non l'aveva mai vista 'prima'. Si erano conosciuti durante un caldo giorno di agosto in un ospedale milanese e lei aveva subito capito che tra loro ci sarebbe stato un sentimento molto forte. Lo guardava strillare attraverso la vetrata della nursery, vestito con un minuscolo body giallo e sentiva che il suo pianto le faceva male e le avrebbe fatto male sempre, a partire da quell'indimenticabile giorno in poi. Con il passare degli anni si erano conosciuti meglio. Le piaceva giocare con lui; avevano l'insana abitudine di sedersi sul pavimento e inventare giochi e situazioni avventurose dalle quali, con loro sommo piacere, tutti gli altri erano esclusi. 'Vieni zia, ti faccio vedere una cosa sul terrazzo' - e la prendeva per mano con il tocco leggero delle sue dita, mentre si dirigevano lentamente verso la porta nella penombra del corridoio. E camminando: 'Ma che cosa hai alle gambe?', chiedeva non senza suscitare un po' di apprensione nelle persone che lo sentivano. Lei rispondeva: 'Ho le gambe delicate', e lui aveva già una soluzione: 'Appena arriviamo sul terrazzo ti preparo una sedia, così le tue gambe possono... possono... possono...riposare e dopo vedrai che starai molto meglio, zia'. Aveva preparato un posto per lei all'ombra del melo e le aveva detto: 'Ci sono io con te, adesso possiamo giocare'. (L.M.)
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